Mi sa che l’ultimo post sul Candomblé non vi è arrivato. Se è così (e non avete proprio di meglio da fare) andatevelo a leggere su http://www.giridiparole.it perché è stata la giornata più spassosa della vacanza. Oggi è l’ultimo giorno a Salvador. Ce la siamo presi comoda e abbiamo passeggiato nel quartiere di Barra (sempre nel perimetro “sicuro” delimitato dalla polizia). Un chilometro di spiagge, bar tranquilli, gente che fa sport e che si diverte a prendere le onde col surf. Questa Salvador è davvero mille città in una. Dal mercato africano all’idiliaco Pelourinho, dalle favelas alle spiagge di Barra con il via vai della gente che sembra di essere a Venice Beach. E il cibo. Sono partito con qualche pregiudizio, dopo la prima cena tipica con la fagiolata che ci ha tolto la voglia di vivere. Ma poi è stato un crescendo. Al primo posto, la moqueca. Uno stufato di pesce e crostacei cotto in un tegame in argilla con latte di cocco e peperoncino piccante. Al secondo la picanha: la fesa di manzo abbrustolita sul fuoco a legna. E, a pari merito, le lambretta. Enormi vongole che vengono servite con un bicchierino di zuppetta di pesce in bianco. Deliziose! Da dimenticare, le acarajé: frittelle di fagioli scuri e gamberetti secchi (bleah!) fritte in un sanissimo odio di palma. Il cibo degli schiavi, e si capisce anche il perché.
Va beh, sonnellino e poi si riparte con l’ultima notte a ritmo di samba e tamburi. Da casa provano a farmi lavorare con mail e scadenze, ma questa volta proprio non ci riescono. Butto un occhio, scrivo “sì” e “no”, ma la testa è solo qui. Dovrebbe essere sempre l’ultimo giorno di un soggiorno. Oggi ce la siamo proprio goduta. Senza meta, senza cartina, senza programma. Solo noi e Bahia. Domani altri due voli, ci si sposta verso l’Argentina. Arigatò!
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Fabrizio Raimondi
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