Sono sdraiato a Venice Beach, Los Angeles, nella parte più caciarona, quella vicina a Muscle Beach. C’è un casino che riempie le orecchie. Il sole. Il cielo blu. Le parole che arrivano in inglese, e poi in spagnolo, e poi ancora in inglese. La musica delle onde dell’Oceano che si infrangono a riva. Le ragazze che dicono: “amazing” e i ragazzi che giocano a calcio e guardano il culo alle ragazze che dicono “amazing”.
Non ci sono solo turisti: è sabato e la spiaggia è invasa da teenager e anche dalle famiglie con la ghiacciaia. Un po’ la nostra Versilia, solo con qualche onda in più, e col burrito al posto dell’insalata di riso.
È bellissimo: un film, e dentro ci siamo noi. Che siamo arrivati col bus della Greyound alle 6 del mattino. Che abbiamo fatto colazione con le uova strapazzate e il bacon. Che abbiamo noleggiato i rollerblade e ci siamo tuffati nel fiume della vita californiana. Ci sono meno disadattati qui che a San Francisco, ma l’umanità assume sfumature inenarrabili.
A volte (anzi, spesso) penso che sia un peccato che il mondo non sia sempre così. Il sabato, col sole, d’estate, a Venice Beach.
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Fabrizio Raimondi
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